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Alle donne emiliane che cercano un buon monastero di clausura in provincia di Ferrara, o in altre province italiane, nel quale poter fare un'esperienza vocazionale per riflettere sullo stato di vita da eleggere, consiglio di scegliere uno tra i migliori, cioè uno nel quale il carisma dell'Ordine religioso preferito viene vissuto con maggiore perfezione e carità. La vita religiosa è meravigliosa, poiché consente di vivere più uniti a Gesù buono e di seguire più facilmente la via della perfezione cristiana.
Bisogna darsi da fare per ubbidire alla divina vocazione. Ecco cosa diceva Sant'Alfonso Maria de Liguori: Ho detto che le religiose che si son date tutte a Dio godono una continua pace; ciò s'intende di quella pace che può godersi in questa terra, che si chiama valle di lacrime. In cielo Dio ci prepara la pace perfetta e piena, esente da ogni travaglio. Questa terra al contrario è luogo per noi di meriti; e perciò è luogo di patimenti, ove col patire si acquistano le gioie del paradiso.
[…] Vi prego poi, per quando avrete preso il santo abito, a rinnovare ogni giorno la promessa che avete fatta a Gesù Cristo di essere fedele. L'amore e la fedeltà sono i pregi primari di una sposa. A questo fine sappiate che poi vi sarà dato l'anello, in segno della fedeltà che dovete osservare del vostro amore che avete promesso a Gesù Cristo. Ma per esser fedele non vi fidate della vostra promessa; è necessario che sempre preghiate Gesù Cristo e la sua santa Madre che vi ottengano la santa perseveranza; e procurate di avere una gran confidenza nell'intercessione di Maria che si chiama la madre della perseveranza. E se vi sentirete raffreddata nel divino amore e tirata ad amare qualche oggetto che non è Dio, ricordatevi di quest'altro mio avvertimento; allora, affinché non vi abbandoniate alla tiepidezza o all'affetto delle cose terrene, dite così a voi stessa: E perché mai ho lasciato il mondo, la mia casa ed i miei parenti? forse per dannarmi? Questo pensiero rinvigoriva s. Bernardo a riprendere la via della perfezione quando si sentiva intiepidito […]. Ma bisogna che io termini di parlare, mentre me lo comanda il vostro sposo, che ha premura di vedervi presto entrata nella sua casa. Ecco, mirate da qui con quanto giubilo vi aspetta e uditelo con quanto affetto vi chiama, affinché presto entriate in questo suo palazzo regale, quale appunto è questo monastero. Andate dunque ed entrate allegramente, mentre l'accoglienza che stamattina vi sarà fatta dal vostro sposo, nel ricevervi in questa sua casa, vi è come una caparra dell'accoglienza ch'egli vi farà in vostra morte quando vi riceverà nel suo regno del paradiso."
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Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez, S. J. (1526-1616).
Dell'eccellenza della virtù della castità e dei gradi per cui dobbiamo ascendere alla sua perfezione.
«Or quello che Dio vuole da voi è che siate santi e puri», dice l'Apostolo S. Paolo, perché «Iddio non vi ha chiamati all'immondezza, ma a vivere nella santità» (1 Thess 4, 3 e 7). La castità è chiamata santità dall'Apostolo; col nome di santità o santificazione s'intende la castità, come nota S. Bernardo (Serm. 22 super Cantica, n. 10). Cristo, nel santo Vangelo la chiama virtù celestiale e angelica, perché ci rende simili agli angeli: «Nella resurrezione, nella vita beata, né gli uomini avranno moglie, né le donne marito, ma saranno come gli angeli di Dio in cielo» (Matth 22, 30). Pertanto, S. Cipriano, parlando con alcune vergini, dice: Cominciate a godere fin da questa vita, quello che dovrete possedere nella gloria, perché finché perseverate nella purezza della castità siete simili agli angeli. E Cassiano, confermando questo concetto, dice che nessuna virtù ci rende simili agli angeli come la castità (De instit, renuntiant., l. 6), perché, per essa, quelli che vivono nella carne vivono come se non l'avessero e fossero purissimi spiriti, secondo il pensiero di S. Paolo (cfr Rom 8, 9)3. Anzi, in un certo senso, siamo superiori agli angeli, perché in essi, non avendo corpo, tale purezza non è eccezionale: ma che l'uomo il quale vive nella carne mortale, che tanta lotta fa allo spirito, viva come se fosse puro spirito, questo è eccezionale.
E tanto piace a Dio questa virtù che il Figlio di Dio, dovendo nascere da una donna per farsi uomo, volle nascere da una madre vergine e consacrata col voto di castità, come notano i santi (AUG., lib. de sancta virginitate, c. 4; AMBR., in Luc, n. 15; ANSELMUS, BERNARDUS ed altri). S. Giovanni nell'Apocalisse dice che sul monte Sion, che è il cielo, vide tutti quelli che conservarono la loro verginità insieme all'Agnello, che è Cristo, e vide che essi «seguono l'Agnello dovunque va e cantano un cantico nuovo che nessuno può cantare se non i vergini» (Apoc 14, 1.4.3). Osserva S. Gregorio che i vergini stanno con Cristo sul monte, perché il merito della castità è molto elevato nella gloria (L. 5, in lib. I Regum, c. 13, n. 3).
S. Gerolamo e S. Agostino trattando della prerogativa di S. Giovanni evangelista di essere amato da Cristo più degli altri discepoli ? difatti il Vangelo lo chiama «il discepolo da Gesù prediletto» (Io. 21, 7) ? dicono che il motivo di tale predilezione era la verginità (HIERON., Adv. Jovin., l. 1, n. 26; AUG., Tract. 124 in Jo. Ev., n. 7). E la Chiesa nella sua festa canta: Gesù lo amava, perché la prerogativa di una eccezionale castità lo faceva degno di predilezione: scelto da Cristo vergine, vergine rimase (Resp. V nella festa di S. Giovanni Evangelista). Alcuni applicano a lui il versetto dei proverbi: «Dio ama i puri di cuore, e chi ha la grazia sulle labbra è amico del re» (Prov. 22, 11). Per questa ragione il Signore lo amava, per questo lo faceva riposare sul suo petto, per questo Pietro fa domandare da lui, durante la cena a Gesù, quello ch'egli stesso non aveva l'ardire di domandare. Nel giorno della resurrezione, dopo che ebbero appreso da Maria Maddalena che il Cristo era risuscitato, corsero insieme al sepolcro, ma Giovanni arrivò primo. Un'altra volta, mentre pescavano sul mare di Tiberiade, apparve il Signore sulla riva, ma nessuno lo riconobbe fuorché Giovanni; egli che solo era vergine, commenta S. Gerolamo, coi suoi occhi d'aquila conobbe il vergine Figlio della Vergine, e disse: «È il Signore!» (L. c.). E finalmente, stando in croce, nel momento del suo supremo testamento, a chi affidò la Madre sua, se non al discepolo vergine?
Ma, lasciando da parte le lodi della castità e tutte le altre cose che di essa potremmo dire, perché, ad imitazione del nostro santo padre Ignazio, desidero essere molto breve in questo trattato, propongo i sette gradi di castità proposti da Cassiano, attraverso i quali, come per altrettanti scalini, dobbiamo giungere alla perfezione di questa virtù celestiale ed angelica. Il primo è che l'uomo, vegliando, non si lasci prendere da nessun pensiero brutto e sensuale. Il secondo che non vi si trattenga, ma che li allontani subito, se vengono. Il terzo che non si alteri, né poco né molto, alla vista di qualche donna. Questo è un grado di grande perfezione e non tanto comune come i primi, per la fragilità della nostra carne che in simili occasioni si eccita immediatamente. Il quarto che non permetta assolutamente al demonio di assalirlo neanche col più semplice moto. Il quinto che dovendo trattare, studiare o leggere cose pertinenti questa materia passi per esse con animo puro e tranquillo e non vi pensi più di quanto penserebbe a mattoni, semine o costruzioni, o altre cose simili. Questo grado osservò alla perfezione il nostro santo padre Ignazio, fin dal principio della sua conversione, come leggiamo nella sua Vita (L. 1, c. 2). Il sesto che neppure dormendo abbia immagini o fantasmi di cose disoneste. Questo è segno da cui si deduce la presenza di una grande purezza, perché significa che nella memoria non ci sono neppure le specie, mentre il contrario, benché non sia peccato per il fatto che si dorme, è segno che l'appetito sensuale non è del tutto domato né le sue specie sono cancellate dalla memoria. Il settimo ed ultimo grado, dice Cassiano, è di pochi, perché a pochi, come all'abate Sereno, il Signore ha voluto fame grazia, e si raggiunge quando si è tanto puri che né vegliando né dormendo si sentono quei moti che sogliono esserci per cause puramente naturali, di modo che, per la potenza della grazia, l'appetito è perfettamente sottomesso nella pace e la natura fragile ed inferma gode in parte la felicità che fu goduta nel primitivo stato d'innocenza, realizzandosi il detto di S. Paolo: «Affinché il corpo del peccato fosse distrutto» (Rom 6, 6). In costoro, per la grazia del Signore, il peccato ha perduto la sua forza e il suo dominio, di modo che non sentono più nessun appetito disordinato, né cosa che ne abbia il minimo sentore e vivono nella carne come se non l'avessero (Coll. 12 Abbatis Cheromon., c. 7).
Ma non vogliamo con ciò dire che sia contrario alla perfezione della castità sentire dei moti, sia da svegli che dormendo, perché è cosa naturale e Cassiano afferma che anche gli uomini perfetti possono averne; ma il Signore ad alcuni suoi servi fa la grazia di questo perfettissimo dono; ad altri fa la grazia di sentirli appena e ad altri ancora che si calmino così facilmente, come se non fosse stato nulla. Tutto ciò significa «imitare la angelica purezza», cioè realizzare la meta a cui dobbiamo mirare, come ci dice il nostro santo Padre nelle Costituzioni (Part. 6, c. 1, § 1). Si noti la parola enitendo: eniti non vuol soltanto dire procurare, lavorare, ma sforzarsi, farsi violenza come si fa con le cose difficili a vincersi. Vuole avvertirci che per giungere a tale purezza angelica è necessario lavorare con tutte le nostre forze e che prendiamo la rincorsa da molto lontano, esercitandoci in tutte le virtù e particolarmente nella mortificazione, perché, sebbene questo dono venga da Dio e non si possa acquistare con nessuna industria umana, pure il Signore vuole che facciamo tutto ciò che è in nostro potere, perché solo a questa condizione vuole concedercelo.
[Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di cristiane virtù" di Padre Alfonso Rodriguez].