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Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez, S. J. (1526-1616).
La nostra perfezione consiste nell'osservanza delle regole
«Osserva i comandamenti e i consigli, dice il Savio, e sarà vita per l'anima tua e grazia per le tue fauci» (Prov 3, 21), concordando col pensiero del Salmista: «Sono dolci al mio palato i tuoi precetti, più che il miele alla bocca» (Ps 119, 103).
S. Gerolamo nella lettera a Edibia, nella quale risponde a dodici domande da lei fattegli, alla prima che chiede come si può essere perfetti, risponde con le parole che Cristo nostro Redentore rivolse al giovane, come narra il santo Vangelo: egli era venuto a lui e in ginocchio aveva chiesto:
- Signore, che cosa devo fare per salvarmi?
E il Signore:
- Conosci i comandamenti: osservali e sarai salvo!
Ma il giovane risponde:
- Maestro li ho osservati fin dalla mia fanciullezza.
S. Marco dice che il «Cristo lo guardò e lo amò» (Mc 10, 21). Nel modo di guardarlo gli mostrò esternamente il suo amore. La virtù e la bontà sono cose amabilissime e rapiscono il cuore di Dio.
Il Signore gli dice:
- «Ti manca una sola cosa per essere perfetto: va', vendi ciò che hai e dallo ai poveri; ed avrai un tesoro in cielo. Poi vieni e seguimi!»
In questo consiste la perfezione, dice S. Gerolamo, nell'aggiungere ai comandamenti di Dio i consigli del Vangelo (Epist. 120, c. 1).
Il venerabile Beda dice che coloro che non sono soddisfatti di osservare i comandamenti, ma vogliono osservare anche i consigli, avranno la seconda corona che Dio comandava a Mosè di porre sulla prima (Cfr. Es 25, 25). Per questa seconda corona d'oro deve intendersi quel soprappiù di premio e di gloria che quelli che hanno osservato anche i consigli avranno sugli altri, che hanno osservato solo i comandamenti. Non solo avranno la vita eterna, ma anche un gran tesoro in cielo (Cfr. Mt 19, 21).
Questa è la grazia che ha fatto a noi religiosi il Signore che non soltanto ci ha chiamati, non solo ci ha trasportati «dalle tenebre all'ammirabile sua luce» (1 Pt 2, 9), come tutti i cristiani, non solo vuol portarci nel regno dei cieli coi suoi eletti, ma vuole sublimarci, volendo che nel suo regno siamo dei grandi; ci ha chiamati perciò all'osservanza dei consigli, cioè allo stato di perfezione che professiamo nella Religione.
È dunque saggio da parte nostra corrispondere a cosi grande beneficio, osservando le nostre regole con la perfezione che il nostro santo Padre desidera. Tutti coloro che entrano e vivono nella Compagnia devono desiderare di osservare perfettamente tutte le sue regole e costituzioni, nonché il suo modo di vivere, e sforzarsi con la divina grazia di osservarle effettivamente alla perfezione con tutto il cuore e tutte le forze (Const., p. 6, c. 1, § 1). In ciò consiste la nostra perfezione, operando cosi saremo dei religiosi perfetti.
Lo stesso nostro nome ci ricorda il nostro obbligo: ci chiamiamo religiosi, perché ci siamo legati all'osservanza delle regole e dei consigli del Vangelo. Religioso vuol dire legato e viene da religo; il religioso infatti non è soltanto legato dai comandamenti di Dio, come tutti gli altri cristiani, ma anche dai consigli evangelici che sono contenuti nelle regole. Per la stessa ragione la Chiesa li chiama regulares, regolari, perché sono obbligati ad osservare le regole; nome molto onorevole, usato anche dal Diritto Canonico. Noi dal Concilio Tridentino (Sess. 25, c. 16) e dai Sommi Pontefici siamo chiamati chierici regolari. Sforziamoci di rispondere al nome con cui siamo chiamati: siamo molto regolari, osservanti delle nostre regole, in modo che la nostra vita concordi col nostro nome.
S, Bernardo, scrivendo ad alcuni religiosi pieni di fervore ed esortandoli ad un fervore ancora maggiore, dice loro: Vi prego, fratelli miei, e caldamente vi scongiuro di usare sempre maggior diligenza nell'osservanza della disciplina e delle regole dell'Ordine, in modo che l'Ordine custodisca voi (Epist. 345 ad fratres de S. Atanasio, n. 1). In modo che,quando osserviamo le regole e la disciplina religiosa, siamo da esse custoditi nella virtù e nella perfezione.
Nel Libro dei Giudici, la Sacra Scrittura dice che la fortezza di Sansone risiedeva nei suoi capelli; tolti i capelli, fu preso e legato dai Filistei (Cfr. Gd 13, 5-16, 9); è una figura questa che esprime molto bene quello che stiamo dicendo. Sansone aveva la sua fortezza nei capelli (era nazireo, cioè un religioso del suo tempo, e secondo le norme della sua setta era obbligato ad avere capelli lunghi, senza permettere al rasoio di passare sulla sua testa); ma poiché glieli tagliarono con inganno, avendo egli tradito il suo segreto, vinto dall'amore per Dalila, perdette coi capelli la fedeltà al suo stato e con essa la sua fortezza. Allo stesso modo la nostra virtù e la nostra fortezza risiedono nell'osservanza delle regole (che sembrano cosa di poca importanza come i capelli), perché siamo nazirei, cioè religiosi, e perciò obbligati a far crescere questi capelli; se ce li tagliassero, resteremmo come Sansone, senza forza e saremmo facilmente vinti e legati dai nostri nemici filistei, che sono i demoni. Come a Sansone, con la crescita dei capelli, Dio restituì la forza, così tornerà anche a noi, se torneremo a darci all'osservanza delle regole, degli usi e delle piccole cose della vita religiosa.
[Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di cristiane virtù" di Padre Alfonso Rodriguez].