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Le donne che sentono nel proprio cuore di avere la vocazione alla vita matrimoniale, ma non riescono a trovare un fidanzato cristiano, possono leggere il seguente annuncio di un ragazzo che sta cercando una donna che sia fedele agli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Cliccare qui per leggere l'annuncio.
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Bisogna darsi da fare per ubbidire alla divina vocazione. Voglio riportare un brano di una lettera che mi scrisse una mia amica attratta dalla vita monastica: "Il mio più grande desiderio è quello di consolare Gesù, curare le sue piaghe, adorarlo, asciugare le sue lacrime, passare la mia vita con Lui, dargli tutto, non tenere niente per me, e sacrificare tutto per amor suo, vivere di Lui, per Lui, in Lui; amarlo fino a fondermi completamente in Lui, contemplarlo, supplicarlo di salvare i peccatori, di accordare la sua misericordia, di dar loro la fede. Voglio consolare Gesù per tutti gli oltraggi fatti al suo Sacro Cuore e al Cuore Immacolato di sua Madre. Se potessi, mi piacerebbe fargli dimenticare tutte le sue sofferenze, asciugare le lacrime che ha versato per noi."
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[Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez].
Di altri rimedi contro le tentazioni
S. Gregorio dice che talvolta le tentazioni disoneste e i cattivi pensieri sono strascichi della mala vita passata, pena e castigo di quel mal costume e che allora si deve spegnere quel fuoco con le lagrime, lavando il passato in questo modo (Moral., l. 12, c. 38).
S. Bonaventura dice che nelle tentazioni è ottimo rimedio giudicarsi degno di quella afflizione e riconoscere che sono un ben meritato castigo per le colpe passate; sopportarle con umiltà e pazienza e dire coi fratelli di Giuseppe: «Sì, noi siamo stati colpevoli verso il nostro fratello; ecco la ragione per cui è venuta su di noi questa sventura» (Gen 42, 21). In questo modo, continua il santo, Dio si placherà prima e la tentazione si cambierà in un vantaggio. Il fatto che uno si riconosce colpevole, commuove le tenerissime viscere di Dio; difatti leggiamo nella Sacra Scrittura (Cfr. Dan 3, 37; 9, 5) che il popolo di Dio usava spesso questo mezzo per ottenere da lui il perdono.
Altro mezzo efficacissimo per ottenere l'aiuto e la grazia di Dio e la vittoria sui nostri nemici in tutte le tentazioni, e particolarmente in quelle di questo genere, è non fidarci di noi, ma porre tutta la nostra fiducia in Dio; ciò di cui abbiamo ampiamente parlato altrove (PARTE II, TRACT. 5, c. 25; TRAT. 4, c. 15) e di cui diremo ancora più avanti, trattando del timor di Dio. Basterà ora dire in termini generali che l'umiltà è un gran rimedio contro le tentazioni. È risaputo ciò che fu rivelato a S. Antonio. Vedendo il mondo pieno di tranelli, si mise a gridare tra le lagrime: .
- Signore, chi sfuggirà a tante reti? E udì una voce rispondergli:
- L'umile!
Ebbene, sii anche tu umile e sarai liberato da tranelli e tentazioni (cfr. Ps.115, 6). Le alte vette sono bersagliate dai fulmini e dalle tempeste; gli alberi grandi vengono sradicati dal vento; ma le canne, e i virgulti e le umili piante che si curvano e si piegano da ogni parte, rimangono in piedi dopo le tempeste.
Sarà pertanto cosa ottima e molto proficua trarre da questo genere di tentazioni un'umile conoscenza di sé, dicendo: Ecco, Signore, chi sono io; che potevi aspettarti da questo letamaio, se non simili odori? Che si poteva aspettare dalla terra che hai maledetto, se non rovi e spine? Questo è il frutto che può dare la nostra terra, se tu non la purifichi, o Signore! Tali tentazioni e la costatazione delle nostre inclinazioni sono un'ottima occasione per umiliarci. Se, come dicono i santi, le vesti umili e dispregevoli, aiutano ad umiliarci, quanto più non ci saranno di aiuto i pensieri così vili e sporchi che ci passano dentro? Diceva il santo frate Egidio che la nostra carne somiglia all'animale immondo che corre al fango e ci si rivoltola, o come lo scarabeo che passa la vita a rivoltarsi nello sterco (Cronaca dei Frati Minori, p. I, 1. 7. c. 7). Questa considerazione deve servirci a non lasciarci trascinare da tali pensieri.
E in generale, in qualsiasi tentazione è cosa ottima non fermarsi a pensare l'oggetto a cui stimola la tentazione, ma raccogliersi in se stesso e umiliarsi dicendo: Sono ancora tanto cattivo, che mi passano per la mente tali cose? In tal modo si svuota la tentazione e il demonio rimane burlato.
Aiuta anche molto il confondersi come se la tentazione fosse colpa propria, anche se invece si è stati molto lontani dall'acconsentire. Il demonio si arrabbia e si copre di vergogna quando vede tanta umiltà e non può sopportarlo, perché è superbo. Non si potrebbe dargli uno schiaffo più grande, né scegliere un mezzo che lo faccia desistere più celermente dal tentarci, del fargli vedere che trai un guadagno dalla tentazione con cui voleva perderti. Inoltre in questo modo dimostri quanto eri lontano dal volere offendere Dio e ciò ti darà soddisfazione e sicurezza.
Giova anche talvolta beffare il demonio e offenderlo, dicendogli: - Via di qua, spirito immondo! Vergogna ti, sventurato! Sei veramente immondo se mi richiami alla memoria cose simili! - perché tanto superbo com'è, non può soffrire che lo si disprezzi e lo si tratti come merita. .
Di Dacio, Vescovo di Milano, S. Gregorio racconta che trovandosi in viaggio verso Costantinopoli, si fermò a Corinto per passarvi la notte; ma non trovò altra dimora che una casa abbandonata perché da molti anni era frequentata dai demoni. Il santo si decise ad andarvi; ma sulla mezzanotte, mentre riposava i demoni cominciarono la loro baldoria con voci di vari animali. Belavano come pecore, ruggivano come leoni, grugnivano come porci, fischiavano come serpenti. Il santo, svegliatosi al rumore, annoiato disse:
- Oh, come vi sta bene tutto questo! E che buon fine ha raggiunto la vostra superbia! Volevate essere come dei e siete ridotti ad essere delle bestie: rappresentate veramente bene ciò che siete! Rimasero quei demoni così confusi, dice S. Gregorio, che scomparvero immediatamente e non tornarono più in quella casa, che in seguito poté essere abitata da tutti (Dialog., 1. 5, c. 4).
S. Atanasio racconta di S. Antonio che era molto molestato da tentazioni disoneste. Un giorno gli si gettò ai piedi un ragazzaccio nero, sozzo fino a stomacare, che si lamentava di aver vinto molti ma di essere stato schernito da lui. S. Antonio gli chiese:
- Chi sei?
- Sono - rispose, - lo spirito di fornicazione.
- D'ora in avanti - replicò il santo - farò poco conto di te, giacché vedo quale cosa vile e dispreggevole sei.
La visione scomparve immediatamente.
Cristo nostro Redentore nel santo Vangelo chiama immondo (Luc 11, 24) lo spirito di fornicazione. Allo stesso modo possiamo beffare il demonio, trattandolo da par suo. Qualche volta ciò si fa con un semplice gesto, senza neanche metterci a ragionare con lui: sono gesti espressivi che dicono molto senza parole.
[Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di cristiane virtù" di Padre Alfonso Rodriguez].
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[Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez].
Di altri rimedi contro le tentazioni
S. Gregorio dice che talvolta le tentazioni disoneste e i cattivi pensieri sono strascichi della mala vita passata, pena e castigo di quel mal costume e che allora si deve spegnere quel fuoco con le lagrime, lavando il passato in questo modo (Moral., l. 12, c. 38).
S. Bonaventura dice che nelle tentazioni è ottimo rimedio giudicarsi degno di quella afflizione e riconoscere che sono un ben meritato castigo per le colpe passate; sopportarle con umiltà e pazienza e dire coi fratelli di Giuseppe: «Sì, noi siamo stati colpevoli verso il nostro fratello; ecco la ragione per cui è venuta su di noi questa sventura» (Gen 42, 21). In questo modo, continua il santo, Dio si placherà prima e la tentazione si cambierà in un vantaggio. Il fatto che uno si riconosce colpevole, commuove le tenerissime viscere di Dio; difatti leggiamo nella Sacra Scrittura (Cfr. Dan 3, 37; 9, 5) che il popolo di Dio usava spesso questo mezzo per ottenere da lui il perdono.
Altro mezzo efficacissimo per ottenere l'aiuto e la grazia di Dio e la vittoria sui nostri nemici in tutte le tentazioni, e particolarmente in quelle di questo genere, è non fidarci di noi, ma porre tutta la nostra fiducia in Dio; ciò di cui abbiamo ampiamente parlato altrove (PARTE II, TRACT. 5, c. 25; TRAT. 4, c. 15) e di cui diremo ancora più avanti, trattando del timor di Dio. Basterà ora dire in termini generali che l'umiltà è un gran rimedio contro le tentazioni. È risaputo ciò che fu rivelato a S. Antonio. Vedendo il mondo pieno di tranelli, si mise a gridare tra le lagrime: .
- Signore, chi sfuggirà a tante reti? E udì una voce rispondergli:
- L'umile!
Ebbene, sii anche tu umile e sarai liberato da tranelli e tentazioni (cfr. Ps.115, 6). Le alte vette sono bersagliate dai fulmini e dalle tempeste; gli alberi grandi vengono sradicati dal vento; ma le canne, e i virgulti e le umili piante che si curvano e si piegano da ogni parte, rimangono in piedi dopo le tempeste.
Sarà pertanto cosa ottima e molto proficua trarre da questo genere di tentazioni un'umile conoscenza di sé, dicendo: Ecco, Signore, chi sono io; che potevi aspettarti da questo letamaio, se non simili odori? Che si poteva aspettare dalla terra che hai maledetto, se non rovi e spine? Questo è il frutto che può dare la nostra terra, se tu non la purifichi, o Signore! Tali tentazioni e la costatazione delle nostre inclinazioni sono un'ottima occasione per umiliarci. Se, come dicono i santi, le vesti umili e dispregevoli, aiutano ad umiliarci, quanto più non ci saranno di aiuto i pensieri così vili e sporchi che ci passano dentro? Diceva il santo frate Egidio che la nostra carne somiglia all'animale immondo che corre al fango e ci si rivoltola, o come lo scarabeo che passa la vita a rivoltarsi nello sterco (Cronaca dei Frati Minori, p. I, 1. 7. c. 7). Questa considerazione deve servirci a non lasciarci trascinare da tali pensieri.
E in generale, in qualsiasi tentazione è cosa ottima non fermarsi a pensare l'oggetto a cui stimola la tentazione, ma raccogliersi in se stesso e umiliarsi dicendo: Sono ancora tanto cattivo, che mi passano per la mente tali cose? In tal modo si svuota la tentazione e il demonio rimane burlato.
Aiuta anche molto il confondersi come se la tentazione fosse colpa propria, anche se invece si è stati molto lontani dall'acconsentire. Il demonio si arrabbia e si copre di vergogna quando vede tanta umiltà e non può sopportarlo, perché è superbo. Non si potrebbe dargli uno schiaffo più grande, né scegliere un mezzo che lo faccia desistere più celermente dal tentarci, del fargli vedere che trai un guadagno dalla tentazione con cui voleva perderti. Inoltre in questo modo dimostri quanto eri lontano dal volere offendere Dio e ciò ti darà soddisfazione e sicurezza.
Giova anche talvolta beffare il demonio e offenderlo, dicendogli: - Via di qua, spirito immondo! Vergogna ti, sventurato! Sei veramente immondo se mi richiami alla memoria cose simili! - perché tanto superbo com'è, non può soffrire che lo si disprezzi e lo si tratti come merita. .
Di Dacio, Vescovo di Milano, S. Gregorio racconta che trovandosi in viaggio verso Costantinopoli, si fermò a Corinto per passarvi la notte; ma non trovò altra dimora che una casa abbandonata perché da molti anni era frequentata dai demoni. Il santo si decise ad andarvi; ma sulla mezzanotte, mentre riposava i demoni cominciarono la loro baldoria con voci di vari animali. Belavano come pecore, ruggivano come leoni, grugnivano come porci, fischiavano come serpenti. Il santo, svegliatosi al rumore, annoiato disse:
- Oh, come vi sta bene tutto questo! E che buon fine ha raggiunto la vostra superbia! Volevate essere come dei e siete ridotti ad essere delle bestie: rappresentate veramente bene ciò che siete! Rimasero quei demoni così confusi, dice S. Gregorio, che scomparvero immediatamente e non tornarono più in quella casa, che in seguito poté essere abitata da tutti (Dialog., 1. 5, c. 4).
S. Atanasio racconta di S. Antonio che era molto molestato da tentazioni disoneste. Un giorno gli si gettò ai piedi un ragazzaccio nero, sozzo fino a stomacare, che si lamentava di aver vinto molti ma di essere stato schernito da lui. S. Antonio gli chiese:
- Chi sei?
- Sono - rispose, - lo spirito di fornicazione.
- D'ora in avanti - replicò il santo - farò poco conto di te, giacché vedo quale cosa vile e dispreggevole sei.
La visione scomparve immediatamente.
Cristo nostro Redentore nel santo Vangelo chiama immondo (Luc 11, 24) lo spirito di fornicazione. Allo stesso modo possiamo beffare il demonio, trattandolo da par suo. Qualche volta ciò si fa con un semplice gesto, senza neanche metterci a ragionare con lui: sono gesti espressivi che dicono molto senza parole.
[Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di cristiane virtù" di Padre Alfonso Rodriguez].