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sabato 20 gennaio 2018

Suore di clausura Mestre

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Le donne che sentono nel proprio cuore di avere la vocazione alla vita matrimoniale, ma non riescono a trovare un fidanzato cristiano, possono leggere il seguente annuncio di un ragazzo che sta cercando una donna che sia fedele agli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Cliccare qui per leggere l'annuncio.


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Alle donne venete che cercano un buon monastero di clausura a Mestre (Venezia), o in altre città italiane, nel quale poter fare un'esperienza vocazionale per riflettere sullo stato di vita da eleggere, consiglio di scegliere uno tra i migliori, cioè uno nel quale il carisma dell'Ordine religioso preferito viene vissuto con maggiore perfezione e carità. La vita religiosa è meravigliosa, poiché consente di vivere più uniti a Gesù buono e di seguire più facilmente la via della perfezione cristiana.

Bisogna darsi da fare per ubbidire alla divina vocazione. Ecco cosa diceva Sant'Alfonso Maria de Liguori: Ho detto che le religiose che si son date tutte a Dio godono una continua pace; ciò s'intende di quella pace che può godersi in questa terra, che si chiama valle di lacrime. In cielo Dio ci prepara la pace perfetta e piena, esente da ogni travaglio. Questa terra al contrario è luogo per noi di meriti; e perciò è luogo di patimenti, ove col patire si acquistano le gioie del paradiso. 


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Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez, S. J. (1526-1616).


Il fatto che si tratti di piccola cosa non scusa, ma accusa maggiormente chi non la osserva

    Il demonio suole suggerire comunemente un'altra tentazione, per farci mancare nell'osservanza delle piccole cose, che cioè la santità e la perfezione non stanno nelle cose piccole e leggere; e perciò con l'aiuto della nostra fragilità e tiepidezza ci fa spesso mancare in esse. Pertanto è necessario che ci preveniamo contro tale inganno.
   Dico prima di tutto che la scusa che si tratta di cose leggere non diminuisce la colpa, se c'è, ma in certo senso la rende più grave. È dottrina di S. Agostino quella che andiamo esponendo. Trattando della disobbedienza di Adamo egli dice: Come nell'obbedienza di Abramo il sacrificio che stava per fare del figlio è giustamente ritenuto molto grande, perché era molto difficile la cosa che veniva comandata, così la disobbedienza di Adamo nel paradiso fu tanto maggiore, quanto più lieve fu il comando che Dio fece, perché non c'era per disobbedire la minima scusa (De Civ. Dei, l. 14, c. 15, n. 1). Che scusa potevano portare i nostri primi padri per non aver obbedito in una cosa così facile qual era quella di non mangiare il frutto di un albero, quando ce n'erano tanti altri, forse con frutti anche migliori, di cui potevano mangiare? Che avrebbe fatto Adamo se gli fosse stata comandata una cosa difficile? Se, come ad Abramo fu comandato di sacrificare il figlio, gli fosse stato comandato di sacrificare la moglie, come avrebbe obbedito l'uomo che non seppe scontentarla non accettando di mangiare la mela ch'ella gli porgeva contro il comando di Dio?
   Così, il fatto che le regole che uno trasgredisce, potrebbero essere osservate facilmente, aggrava la colpa e la disobbedienza. Lo nota S. Bonaventura: Le colpe commesse, tanto rendono il loro autore più degno di reprensione, quanto più sarebbe stato facile evitarle (Spec. discop. ad Novit., prolog., n. 2). Se il comando fosse stato più grave e difficile a compiersi, forse ci sarebbe stata una scusa; ma in una cosa leggera, che scusa si può trovare?
   Inoltre: come posso credere che saprei obbedire in cose grandi e difficili, se non so obbedire in cose facili e leggere? Non c'è da pensare che sappia fare il più, chi non ha saputo compiere il meno. S. Bernardo dice: «Chi non sa frenare la lingua e vincere la gola, non è religioso» (De interiori domo, c. 28). Tale assioma era comune tra gli antichi monaci che si fondavano su di esso, quando cominciavano l'esercizio della loro perfezione dall'astinenza. Essi dicevano: Chi non riesce a vincersi in questa cosa esterna, che è più facile, come si vincerà in quelle interiori che son più difficili? Come potrà combattere contro i nemici «spirituali ed invisibili» (Eph 6, 12), chi non sa resistere a questi esterni che vede?
   Da ciò possiamo anche comprendere se sono veri o falsi i nostri desideri di cose grandi, come soffrire tribolazioni e mortificazioni e persino il martirio in terra di missione. Se non sai sopportare una piccola mortificazione, se trasgredisci questa o quella regola per non saper mortificarti nel chiedere un permesso, come si può credere che sapresti affrontare cose ardue? Dice molto bene S. Bonaventura: Molti dicono di voler morire per il Cristo e poi non sanno in realtà sopportare una paroletta. Chi si spaventa per il fruscio di una foglia mossa dal vento, come potrà aspettare il colpo della spada che lo minaccia? Se per una parolina detta da quell'altro, ti sei turbato e hai perduta la pace, che sarà quando si solleveranno le vere persecuzioni? che sarà quando sorgeranno falsi testimoni con gravi accuse, che saranno accettate come vere? Perciò S. Bonaventura consiglia di abituarsi a mortificarsi in queste piccole cose, perché chi non sa mortificarsi in esse, lo farà ancora meno nelle grandi (De exter. et inter. homin. comp., 1. 3, c. 11, n. 3).
   Dionigi il Certosino racconta che un novizio cominciò con gran fervore e poi andò pian piano raffreddandosi, come accade di solito. All'inizio tutto gli era facile, poi gli uffici umili e gli esercizi di mortificazione cominciarono a divenirgli difficili, e tra l'altro, ciò che gli era più pesante era l'abito povero ed umile usato dai novizi. Dormendo un giorno durante il riposo pomeridiano, vide in sogno Cristo nostro Redentore che, carico di una croce lunga e pesante, stanco ed ansante, cercava di salire con essa una scala; ma la croce era così grande che non passava per la scala. Vedendo ciò il novizio, mosso a compassione, gli disse:
   - Te ne supplico, Signore, permettimi di aiutarti a sollevare quella croce.
   Il Signore volse verso di lui un volto grave e severo e gli disse con indignazione:
   - Come presumi di portare una croce così pesante, se non sai sopportare per mio amore quest'abito che pesa così poco?
   E così dicendo scomparve, mentre il novizio si svegliava. Rimase così confuso e insieme rianimato da quel rimprovero che da allora in poi la gioia di portare quell'abito povero ed umile fu tanto grande, quanto era stato prima il disgusto (Scala Relig., a. 16).

 [Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di cristiane virtù" di Padre Alfonso Rodriguez].