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martedì 24 luglio 2018

Suore di Clausura a Verona

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Alle donne venete che cercano un buon monastero di suore di clausura a Verona, o in altre città italiane, nel quale poter fare un'esperienza vocazionale per riflettere sullo stato di vita da eleggere, consiglio di scegliere uno tra i migliori, cioè uno nel quale il carisma dell'Ordine religioso preferito viene vissuto con maggiore perfezione e carità. La vita religiosa è meravigliosa, poiché consente di vivere più uniti a Gesù buono e di seguire più facilmente la via della perfezione cristiana.

Bisogna darsi da fare per ubbidire alla divina vocazione. Ecco cosa diceva lo zelantissimo Sant'Alfonso Maria de Liguori: Ho detto che le religiose che si son date tutte a Dio godono una continua pace; ciò s'intende di quella pace che può godersi in questa terra, che si chiama valle di lacrime. In cielo Dio ci prepara la pace perfetta e piena, esente da ogni travaglio. Questa terra al contrario è luogo per noi di meriti; e perciò è luogo di patimenti, ove col patire si acquistano le gioie del paradiso. 

[…] Vi prego poi, per quando avrete preso il santo abito, a rinnovare ogni giorno la promessa che avete fatta a Gesù Cristo di essere fedele. L'amore e la fedeltà sono i pregi primari di una sposa. A questo fine sappiate che poi vi sarà dato l'anello, in segno della fedeltà che dovete osservare del vostro amore che avete promesso a Gesù Cristo. Ma per esser fedele non vi fidate della vostra promessa; è necessario che sempre preghiate Gesù Cristo e la sua santa Madre che vi ottengano la santa perseveranza; e procurate di avere una gran confidenza nell'intercessione di Maria che si chiama la madre della perseveranza. E se vi sentirete raffreddata nel divino amore e tirata ad amare qualche oggetto che non è Dio, ricordatevi di quest'altro mio avvertimento; allora, affinché non vi abbandoniate alla tiepidezza o all'affetto delle cose terrene, dite così a voi stessa: E perché mai ho lasciato il mondo, la mia casa ed i miei parenti? forse per dannarmi? Questo pensiero rinvigoriva s. Bernardo a riprendere la via della perfezione quando si sentiva intiepidito […]. Ma bisogna che io termini di parlare, mentre me lo comanda il vostro sposo, che ha premura di vedervi presto entrata nella sua casa. Ecco, mirate da qui con quanto giubilo vi aspetta e uditelo con quanto affetto vi chiama, affinché presto entriate in questo suo palazzo regale, quale appunto è questo monastero. Andate dunque ed entrate allegramente, mentre l'accoglienza che stamattina vi sarà fatta dal vostro sposo, nel ricevervi in questa sua casa, vi è come una caparra dell'accoglienza ch'egli vi farà in vostra morte quando vi riceverà nel suo regno del paradiso."


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Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez, S. J. (1526-1616).


Del gran danno che nasce dal far poco caso delle regole, anche in cose piccole

   «Chi è fedele nelle piccole cose, è fedele anche nelle grandi; e chi è infedele nelle piccole cose, è infedele anche nelle grandi» (Luc 16, 10). È così comune la tentazione di essere trascurati nell'osservanza delle regole, con cui il demonio ci fa credere che son cosa di poca importanza, che crediamo necessario spiegare due cose su questo argomento: la prima: quanto sia dannoso disprezzare le piccole cose e passarci sopra senza farci caso; la seconda: quanto bene deriva dall'agire in modo contrario: l'uno e l'altro ci è stato insegnato da Cristo nostro Redentore con le parole che abbiamo premesso.
   Quanto al primo punto egli ci dice che chi è infedele nel poco, lo sarà anche nel molto. Prima aveva già detto lo Spirito Santo per mezzo del Savio: «Chi disprezza le piccole cose a poco a poco andrà in rovina» (Eccli 19, 1). Dovrebbe bastar questo a renderci diligenti ed accurati nell'osservanza delle regole e a non farci osare di trasgredirle in nulla, anche se le cose dovessero sembrarci piccole e di poca importanza, giacché sappiamo che è parola di Dio che chi disprezza le cose piccole a poco a poco cadrà e non si fermerà finché non sarà giunto alle grandi.
   In questo modo un'intera città fu presa dal nemico. Dice il profeta Geremia: «Volle il Signore distruggere la città di Gerusalemme», quella città tanto forte e con tante torri, che era circondata di muro ed antemurale. «Fece i suoi disegni, gettò le sue funicelle, prese le misure e non levò la mano dall'impresa fino ad averla posta in esecuzione» (Lam 2, 8). Ma come opera la perdizione? Volete sapere come? domanda Geremia. «Cadde l'antemurale e subito rimase smantellato anche il muro», di modo che fu libero l'ingresso nella città. Allo stesso modo i nostri nemici conquistano la città della nostra anima. Come abbiamo già detto nel primo capitolo, le regole sono l'antemurale e i contrafforti di difesa del muro della legge e dei comandamenti di Dio; se lasciate cadere l'antemurale, cadrà presto anche il muro e l'anima sarà saccheggiata: «Chi disfà un muro è morso da una serpe», dice il Savio (Eccl. 10, 8). Se cominci a rompere la siepe delle regole e a smantellare la trincea, il serpente antico entrerà per di lì e ti morderà. Se togli la siepe alla vigna, non ti meravigliare se la troverai presto vendemmiata (Ps. 80, 13).
   Per far comprendere questo punto che è molto importante, lasciamo le metafore e parliamo in termini appropriati. Volete sapere come avviene quel che dice lo Spirito Santo, che chi sperpera nel piccolo, cade a poco a poco nel grande? Alla maniera che dicono i teologi e noi insegniamo ai bambini che vanno a scuola con la cartella a tracolla: il peccato veniale è una disposizione al peccato mortale. Molti peccati veniali non formano un peccato mortale, né bastano ad uccidere un'anima e a fargli perdere la grazia e l'amicizia di Dio; ma la vanno disponendo, la rendono debole e tiepida, capace di essere superata da quella tentazione o occasione, e facile a cadere in un peccato mortale.
   I primi colpi di artiglieria non abbattono il muro, ma lo forano e lo dispongono ad essere abbattuto dai seguenti; le gocce d'acqua che cadono su di una pietra vi scavano un solco, sebbene ciascuna di esse non fosse sufficiente che a disporre la pietra all'azione della successiva (Iob 14, 19). Allo stesso modo il peccato veniale dispone a quello mortale. Si perde a poco a poco il timore del peccato, si comincia a fare ciò che esula dall'amore di Dio; presto si farà quello che è contro quest'amore! Chi mentisce facilmente e giura senza necessità presto unirà le due cose giurando il falso o qualcosa di dubbio, ed eccolo caduto in peccato mortale. Chi non si fa scrupolo di mormorare per piccole cose, presto avrà occasione di cose non piccole e sarà in pericolo di cadere in peccato mortale. Chi non è diligente nel custodire i suoi sguardi e nel respingere i pensieri cattivi, è già vicino a cadere; basterà un momento in cui sia anche meno diligente, e il cuore seguirà gli occhi e il pensiero: in un momento precipiterà: il desiderio del demonio è proprio questo: preparare le anime, con tali negligenze e coi peccati veniali, a commettere il peccato mortale.
   Lo stesso avviene con l'abitudine a trasgredire le regole o a fame poco caso: ci prepariamo a poco a poco ad un male maggiore fino a cadere in cose gravi. Al principio si prova un certo rimorso per aver trasgredito quella regoletta, poi sempre meno, fino a che si fa senza rimorso. Con questo passo ci si intiepidisce, si trascura la preghiera, gli esami e tutti gli esercizi spirituali, perché anche questo non è altro che prescrizione di una regola; una volta si lasciano, un'altra si fanno male e come per abitudine, senza trame frutto.
   Da tali inizi, che sembrano piccoli, sogliono derivare le cadute del religioso. Lo notano i santi commentando le parole del Vangelo mormorate da Giuda alla Maddalena, quando gli parve che l'unguento usato per ungere i piedi di Cristo poteva essere venduto a beneficio dei poveri. Disse questo, dice il Vangelo, «non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro, e, tenendo la borsa, portava via quel che ci veniva messo dentro» (Io. 12, 6). Poiché, per il suo ufficio, avrebbe dovuto esser lui a vendere l'unguento, gli dispiacque di perdere quell'occasione di decimare a suo vantaggio il denaro che se ne sarebbe ricavato; e per rifarsene, decise di vendere Cristo nostro Redentore per i trenta denari che in quel modo aveva perduto. S. Agostino dice: Notate che Giuda non si per dette nel momento in cui vendette Cristo; non cominciò allora il suo male, ma maturava già da molto tempo; egli era già ladro, era già perduto, seguiva Cristo col corpo, non più col cuore (Tract. 50 super Io, n. 10). Allo stesso modo, quando vedi una gran caduta di qualche religioso non credere che il male sia cominciato allora. Era molto tempo che stava nella Religione soltanto col corpo, senza spirito e senza preghiera, con una gran facilità di trasgredire le regole: da quella polvere nacque quel fango. Lo stesso nota S. Gerolamo: Quel disgraziato di Giuda volle rifarsi, vendendo il Maestro, della perdita che aveva subita per lo spreco dell'unguento (In Matth 26, 15). Osservate a quali estremi l'avarizia spinse Giuda: cominciò col prendersi una parte, col provar gusto nel possedere: ci serva egli di esempio, affinché temiamo il cominciare, sia pure in cose piccole.
   È ciò di cui ci ammonisce Giobbe: «La presenza del nemico è preceduta dalla povertà». L'anima prima s'impoverisce con la moltitudine delle imperfezioni e delle colpe veniali, tralasciando la preghiera e gli altri esercizi spirituali; poi cade nelle colpe mortali. Chi trangugia facilmente imperfezioni, trangugerà presto peccati veri e propri; stiamo perciò all'erta; non facciamo entrare il demonio perdendo il timore e trascurandoci. 
«Lasciati ammonire, o Gerusalemme, se non vuoi che io mi ritiri da te e ti renda un deserto, un paese senza abitanti» (Ier 6, 8), dice Dio per mezzo di Geremia. Procurate di conformarvi alla disciplina religiosa e all'osservanza che ci è insegnata dalle regole, perché Dio non si allontani da voi e vi abbandoni, permettendo che facciate una miserevole caduta!


 [Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di cristiane virtù" di Padre Alfonso Rodriguez].