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lunedì 26 novembre 2018

Suore di clausura Pordenone

Alle donne friulane che cercano un buon monastero di clausura in provincia di Pordenone, o in altre province italiane, nel quale poter fare un'esperienza vocazionale per riflettere sullo stato di vita da eleggere, consiglio di scegliere uno tra i migliori, cioè uno nel quale il carisma dell'Ordine religioso preferito viene vissuto con maggiore perfezione e carità. La vita religiosa è meravigliosa, poiché consente di vivere più uniti a Gesù buono e di seguire più facilmente la via della perfezione cristiana.



Bisogna darsi da fare per ubbidire alla divina vocazione. Ecco cosa diceva Sant'Alfonso Maria de Liguori: Ho detto che le religiose che si son date tutte a Dio godono una continua pace; ciò s'intende di quella pace che può godersi in questa terra, che si chiama valle di lacrime. In cielo Dio ci prepara la pace perfetta e piena, esente da ogni travaglio. Questa terra al contrario è luogo per noi di meriti; e perciò è luogo di patimenti, ove col patire si acquistano le gioie del paradiso. 



[…] Vi prego poi, per quando avrete preso il santo abito, a rinnovare ogni giorno la promessa che avete fatta a Gesù Cristo di essere fedele. L'amore e la fedeltà sono i pregi primari di una sposa. A questo fine sappiate che poi vi sarà dato l'anello, in segno della fedeltà che dovete osservare del vostro amore che avete promesso a Gesù Cristo. Ma per esser fedele non vi fidate della vostra promessa; è necessario che sempre preghiate Gesù Cristo e la sua santa Madre che vi ottengano la santa perseveranza; e procurate di avere una gran confidenza nell'intercessione di Maria che si chiama la madre della perseveranza. E se vi sentirete raffreddata nel divino amore e tirata ad amare qualche oggetto che non è Dio, ricordatevi di quest'altro mio avvertimento; allora, affinché non vi abbandoniate alla tiepidezza o all'affetto delle cose terrene, dite così a voi stessa: E perché mai ho lasciato il mondo, la mia casa ed i miei parenti? forse per dannarmi? Questo pensiero rinvigoriva s. Bernardo a riprendere la via della perfezione quando si sentiva intiepidito […]. Ma bisogna che io termini di parlare, mentre me lo comanda il vostro sposo, che ha premura di vedervi presto entrata nella sua casa. Ecco, mirate da qui con quanto giubilo vi aspetta e uditelo con quanto affetto vi chiama, affinché presto entriate in questo suo palazzo regale, quale appunto è questo monastero. Andate dunque ed entrate allegramente, mentre l'accoglienza che stamattina vi sarà fatta dal vostro sposo, nel ricevervi in questa sua casa, vi è come una caparra dell'accoglienza ch'egli vi farà in vostra morte quando vi riceverà nel suo regno del paradiso."


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Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez, S. J. (1526-1616).

 Di un modo importantissimo ed efficacissimo per raggiungere la perfezione della virtù dell'obbedienza: obbedire al superiore come a Cristo nostro Signore

   Uno dei mezzi più importanti ed efficaci per raggiungere la perfezione di questa virtù, se non il principale, è considerare Dio nel superiore, far conto che sia Dio a comandare e che non obbediamo a uomini, ma a Dio stesso. Tale mezzo ci è ripetutamente raccomandato da S. Paolo in molti passi; scrivendo agli Efesini dice: «Servi, obbedite ai vostri padroni di quaggiù, con rispetto e timore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo» (Eph 6, 5). Comanda ai sudditi di obbedire ai superiori temporali e pagani come a Cristo nostro Signore. Osserva S. Basilio: Se l'apostolo S. Paolo comanda di obbedire alle potestà del mondo come a Cristo e, quel ch'è peggio, a prìncipi la cui vita era perversa e concorda in ciò con l'apostolo S. Pietro, il quale dice: «Servi, siate sottomessi con ogni rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli che sono buoni e ragionevoli, ma anche a quelli di carattere intrattabile» (1 Pt 2, 18), con quanta maggior ragione non dovremo, noi religiosi, obbedire ai superiori spirituali e religiosi che desiderano di fare in tutto la volontà di Dio, come a Cristo? (Const. Monast., c. 22, n. 1). S. Paolo continua: Servendo non all'occhio, quasi per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, servendo con amore, come per il Signore, non come per piacere agli uomini. Non dobbiamo guardare gli uomini con gli occhi del corpo, ma Dio con gli occhi dello spirito, perché non viviamo più con uomini, e siamo venuti in Religione non per servire a uomini, ma a Dio. E scrivendo ai Colossesi ripete: «Tutto quello che fate, fatelo di cuore, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che riceverete in ricompensa l'eredità dalle mani di Dio» (Col III, 23), non da quelle degli uomini.
   Il nostro santo Padre, fondandosi su questa dottrina, ci raccomanda questo mezzo con molta energia e ce lo ripete molte volte nelle Costituzioni. In un testo dice: «Sopra ogni cosa giova al profitto spirituale, ed è molto necessario che tutti si diano alla perfetta obbedienza, riconoscendo il superiore, qualunque sia, in luogo di Cristo nostro Signore» (Const. c. 1, § 23; part. 6, c. 1, § 2: Reg. Summarii). E in altra parte: «È molto necessario che tutti obbediscano non solo al superiore della Compagnia o della casa, ma anche a tutti quanti hanno autorità sopra di lui; e procurino di assuefarsi a non mirare chi è quegli a cui obbediscono, ma piuttosto chi è quegli per cui ed a cui in tutti ubbidiscono, che è Cristo nostro Signore» (Part. 3, c. 1, § 24: Reg. Summarii). E nella terza parte, dove tratta di proposito della virtù dell'obbedienza, pone questo fondamento: «Se vuoi acquistare la perfezione della virtù dell'ubbidienza, bisogna che procuri di tener sempre innanzi agli occhi Cristo nostro Signore, per cui ed a cui nell'uomo si obbedisce» (Part. 6, c. 1, § 1).
   Sarà subito evidente la forza e l'efficacia di tale mezzo. Se fosse Cristo in persona a comandarti questo o quello, con quale prontezza non obbediresti! e con quale gioia e buona volontà! Come ti conformeresti alla sua volontà e sottometteresti il tuo giudizio! Non ti verrebbe neppure in mente il pensiero di giudicare, di discernere, di dubitare, di chiederti se è bene o male, ma alla cieca abbracceresti la sua volontà, per una ragione che è al di sopra di tutte le altre ragioni: Dio lo comanda! e ti sentiresti molto onorato del fatto che voglia servirsi di te; anzi, se la cosa comandata fosse ardua e difficile a compiersi, riterresti ciò un maggiore favore. Ecco il mezzo che andiamo suggerendo. Basilio (L. c. n. 2, 1403), per farcelo stimare quanto merita, dice: Non pensare che questa sia una mia devozione personale, non è che verità comunicataci nel Vangelo da Dio stesso: «Chi ascolta voi, ascolta me» (Luc 10, 16). I santi commentano queste parole nello stesso senso e dicono che Cristo le pronunziò non solo per gli apostoli, ma per tutti gli altri superiori (CLEMENS I, epost. I, ad Jacobum fratrem Domini. - BENEDICT. Reg., c. 5. ­ BERNARDUS, Lib. de dispensat. et praecepta). Da questa interpretazione derivò l'uso di Cassiano e di quei santi monaci che mettendo in pratica questa dottrina, prendevano gli ordini dei superiori come di Cristo, perché Cristo espressamente ci comanda di non guardare alla persona del superiore, ma a Dio in lui, anche se il superiore non fosse quello che deve essere (CASS., Instit.. 1. 9, c. 10).
   Di modo che, nell'obbedienza dobbiamo mirare a Cristo e alla sua volontà: che ce la dichiari egli stesso, o per mezzo degli angeli o per mezzo degli uomini, di Pietro o di Giovanni, è tutt'uno. Dobbiamo accettarla allo stesso modo, dall'uno o dall'altro, perché è Dio quello che comanda e il superiore non agisce che in suo nome. S. Bernardo riferisce le parole di S. Benedetto: L'obbedienza che si dà ai maggiori, si dà a Dio, perché egli stesso disse: «Chi ascolta voi, ascolta me»; pertanto è evidente che tutto ciò che in nome di Dio ordina il suo vicario, se non è chiaramente peccato, non si deve accogliere diversamente che se fosse comandato da Dio: che importa che parli lui o parlino i suoi ministri, uomini o angeli? (Lib. de dispensatione et praecepta, c. 9). Nello stesso luogo S. Bernardo riferisce l'altra autorevole sentenza, comunemente accettata: Sia che l'ordine sia impartito da Dio stesso, sia che sia impartito dall'uomo, vicario di Dio, deve essere eseguito con la stessa premura, con lo stesso rispetto, purché l'uomo non comandi cosa contraria a Dio. Non dobbiamo at­tendere miracoli, né volere che Dio in persona venga a parlarci e a dirci quanto dobbiamo fare, giacché quel tempo è trascorso; quando fu necessario, scese in terra ad ammaestrarci in persona, dicono S. Paolo e l'apostolo S. Giovanni (cfr. Hebr. 1, 2; Io. 1, 18). Ora vuole che viviamo di fede e abbiamo il superiore in suo luogo.
   S. Agostino dice che Dio volle farci comprendere ciò con l'episodio del centurione Cornelio, narrato negli Atti degli Apostoli. Cornelio era un gentile, timorato di Dio, che praticava le opere buone, l'elemosina e la preghiera, e Dio, volendo convertirlo ed insegnargli la verità della nostra fede, gli manda un angelo che gli dice: Cornelio, le tue preghiere e le tue elemosine sono state accette a Dio; pertanto fa chiamare Pietro che si trova nel tal posto: «egli ti dirà ciò che devi fare per salvarti» (Act 10, 6). S. Agostino commenta: Forse non poteva insegnargli l'angelo stesso? Giacché lo aveva inviato, perché Dio non insegnò per suo mezzo? E risponde: Volle mandarlo da Pietro e non insegnare direttamente o per mezzo dell'angelo, per onorare l'uomo, perché Dio vuole che gli obbediamo e ci sottomettiamo a lui, specialmente dopo che. Dio stesso si è fatto uomo e si è sottomesso ed ha obbedito ad uomini (Super Ps 96, n. 2).
   La stessa cosa osservano i santi nella conversione di S. Paolo, a cui apparve Cristo in persona; ma quando Paolo domandò: «Signore, che vuoi ch'io faccia?» non volle manifestargli egli stesso la sua volontà, ma lo mandò da un uomo che gliela manifestasse: «Entra in città, e chiedi di un uomo che si chiama Anania, egli ti dirà che cosa devi fare» (Act 9, 7). Esclama S. Bernardo: O soavità della sapienza di Dio! Gli parli da te stesso, per mandarlo da un uomo che gli mostri la tua volontà? Sì, risponde il santo, perché Dio vuole autorizzare l'uomo ed onorarlo in modo che lo abbiamo in suo luogo, e ascoltiamo la voce del superiore come se fosse quella sua (Serm I De convers. Sancti Pauli, n. 2).
   Non siamo per questo noi in condizioni peggiori di coloro cui Dio parlò da se stesso, anzi, come credendo le cose di fede che non abbiamo veduto meritiamo più di coloro che hanno visto, come Cristo stesso disse a S. Tommaso (Io. 20, 29), così nell'obbedienza che rendiamo al superiore come a Dio, procedendo essa dalla fede e intendendo noi che tutto quanto ordina il superiore è ordinato da Dio e sua volontà, in certo modo meritiamo di più e gli facciamo cosa più grata che se obbedissimo a lui in persona. Come i santi dicono anche dell'elemosina, ripetendo quello che ha detto Cristo: «In verità vi dico: ogni volta che voi avete fatto queste cose a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l'avete fatta a me» (Matth 25, 40). Pertanto ricompenserà l'elemosina fatta ad un poveretto come se fosse fatta a lui in persona. In certo senso, notano i santi, fa più chi dà l'elemosina ad un poveretto in nome di Cristo, che chi la desse a lui stesso, come mostra meglio l'amore che porta all'amico accogliendo ed onorando un suo servo che non accogliendo l'amico stesso; questo non pare eccessivo, perché è esigito dal rispetto e dal valore della persona che lo merita, ma estendere l'amore a qualsiasi cosa appartenga all'amato per amore di lui e fare buona accoglienza al servo per amore di lui, questo è molto di più. Ebbene, questo è il senso dell'obbedienza. Ce lo spiega S. Bonaventura: È un alto grado di obbedienza obbedire immediatamente a ciò che ordina Dio, ma in certo modo è grado più alto obbedire all'uomo, per riguardo a Dio (Tract. De gradibus virtutum, c. 2), e certe volte il merito e il premio saranno maggiori, perché obbedendo all'uomo per Dio, il cuore si umilia maggiormente, la volontà è più rinnegata e l'uomo si abbandona più in Dio; come fa di più chi obbedisce al servo per amore del re, che se obbedisse al re stesso. Se Dio stesso venisse in persona a comandarti, che gran cosa sarebbe obbedirgli con prontezza e docilità? Ma per amor suo, obbedisci ad un uomo come te, e sottomettiti a lui con completa docilità: ciò è da stimare e gradire molto di più!


[Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di cristiane virtù" di Padre Alfonso Rodriguez].